Si può essere felici anche mangiando un cibo molto semplice, bevendo acqua pura e avendo come cuscino unicamente il proprio braccio ripiegato.
[Confucio]
Quando un cibo è storico è incredibilmente semplice e straordinario e quando lo gustiamo dobbiamo conoscerne le sue radici culturali ed essere consapevoli del fascino che ha maturato nel tempo per valorizzarlo in pieno.
Allora se parliamo di pane, burro e acciughe non parliamo di un cibo qualunque, ma di un cibo che mette insieme tre colossi della storia dell’alimentazione, che appartengono alle nostre più lontane radici, all’infanzia dell’umanità.
Oltre al pane, di cui parlo spesso nel blog, cibo antico e sacro per eccellenza che accompagna tutto l’arco della storia dell’uomo, il burro è uno dei più antichi derivati del latte, di cui si ha testimonianza sin dal 1500 a.C. Fu Ippocrate (V-IV sec. a.C.) a dare il nome di “boutiron” a quel prodotto caseario che è l’attuale burro, mentre secondo Galeno (II-III sec. d.C.) l’etimologia deriverebbe da turos (cacio o formaggio) e bous (bue).
Molto amato dai Romani che lo consideravano anche per le sue proprietà medicinali, nel Medioevo il burro si diffuse soprattutto nei Paesi continentali, in particolare in quelli nordici, mentre in quelli mediterranei era dominante, per ovvi motivi di geografia botanica, l’olio d’oliva. E Marsilio Ficino, nel Rinascimento, assegna al burro un posto d’onore nel “biancomangiare” ossia nel mangiare in bianco, cibo che è in grado di contrastare il peggiore degli umori, la bile nera.
Infine l’acciuga. Dobbiamo risalire agli studi tassonomici di Linneo (Linnaeus, 1758) per trovare la denominazione dell’acciuga o alice (Engraulis encrasicolus), un pesce osseo marino appartenente alla famiglia Engraulidae di grande diffusione nel mar Mediterraneo. Il termine attuale Acciuga deriva dal latino volgare apiua o apiuva, desunto dal greco ἀφύη aphýē, con significato di piccolo pesce. L’esito -cci- da -pj- registra una trascrizione nel tempo che risulta essere passata attraverso i dialetti liguri e meridionali.
Il termine alice, invece, di area italiana meridionale, napoletana e siciliana (alici), deriva dal latino hallēx, allēx, alēc, hallēc o allēc, -ēcis, una salsa simile al “garo” romano, fatta con interiora fermentate di pesce, a sua volta desunto dal greco ἁλυκόν halykón.
In Italia, l’unione del pane, del burro e dell’acciuga si è diffuso soprattutto tra la Liguria e la Sicilia, ed è per questa ragione che nella mia ricetta ho voluto accentuare con un tocco di originalità dato dalla scorza del cedro candita, questa sua ‘italianità’ tutta mediterranea.
PANE, BURRO, ALICI E CEDRO CANDITO
I miei sono sempre un po’ piatti “viaggiarini”, non posso che definire così i miei piatti che amano viaggiare un po’ ovunque, e questo, nella sua semplicità, prova a esaltare alcuni tra i miei ingredienti preferiti. E lo faccio aggiungendo sempre un tocco un po’ inaspettato, un po’ fantasioso, un po’ colorato. Ah, e comunque queste alicette sono proprio pazzesche…!
Ingredienti per 8 crostini
4 fette grandi di pane toscano; 3 Filetti di Alici in Olio di Oliva Arrotolati Delicius + 8 per decorare; 1 cedro piuttosto grande; prezzemolo fresco; 2 spicchi d’aglio; 40 g di burro classico; 2 cucchiai di zucchero grezzo di canna; pepe.
Preparazione
- Tagliate ogni fetta di pane in due e spremete una parte del cedro (da ottenere un cucchiaio di succo). In una padella sciogliete il burro insieme alle tre alici, il succo di cedro, l’aglio e a un pizzico di pepe. Aggiungete le fette di pane e tostatele girandole fino a farle dorare da entrambi i lati. Togliete l’aglio.
- Tagliate il resto del cedro a pezzetti (polpa e buccia), trasferiteli in un pentolino insieme allo zucchero e tre cucchiai di acqua e cuoceteli a fiamma molto bassa fino a farli candire.
- Componete i crostini con il cedro candito, le alici e abbondante prezzemolo tagliuzzato. Finite con un pizzico di pepe.
Prodotti
Décor
Asciugamano THORNBACK&PEEL
Coltello DITTA BRASCHI