Macugnaga ha il cuore walser. A pranzo dalla Z’MAKANÀ STUBU

Qualcosa è celato. Vai a cercarlo. Vai e guarda dietro i monti. Qualcosa si è perduto dietro i monti. Vai! È perduto e aspetta te.

Rudyard Kipling

 

Esattamente ciò che ho fatto io visitando il piccolo paese di Macugnaga. La montagna è un gigante buono che con occhi di neve e mani di vento chiama a sé, con l’urgenza di chi ha qualcosa di importante, anzi necessario, da rivelare. La montagna chiama. Spaventosa e accogliente, sconfinata e inafferrabile, lei ti mette in cammino, ti invoglia alla ricerca, ti sprona al passo veloce. E lo fa in modi sempre diversi a seconda dei paesaggi, dei paesi, della zone. Ma lo fa e basta. E tu non riesci a ignorare quella chiamata, come se da un lato fosse una sirena ammaliatrice, ma dall’altro un nonno paziente in attesa del tuo arrivo.

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Mi inoltro nel paesino di Macugnaga per puro caso. Amo profondamente il Verbano-Cusio-Ossola: il lago mi incanta, mi impensierisce senza disturbarmi, mi rilassa senza svuotarmi. Ha riflessi cangianti, è silenzioso, fa rumore ma lo fa in modo discreto, è incredibilmente elegante e quello Maggiore, poi, così ricco di luci e bagliori, posa i suoi riflessi suoi fiori e le piante delle isole, e le impreziosisce di candore e purezza.

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Amo la sua cucina, fatta di pesce fresco inconsueto, pasta ripiena di Bettelmatt e carne di asino, il burro di montagna pieno di erbe e aromi, i formaggi di Crodo, gli alpeggi, i salumi della Valle Anzasca. Amo quei vini tannici che allappano, soprattutto il Nebbiolo, servito magari con uno spezzatino ai funghi e aglio orsino. Amo questo Piemonte che a tratti sa di Germania, con cenni di Svizzera, Francia e anche profondo nord, quando fuori fa freddo e tu resti in casa al caldo a girare la polenta taragna.

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La poesia di questi angoli mi incanta, e Macugnaga, un piccolo borgo di montagna che non arriva a 600 abitanti, ruba il cuore,  perché è tenero, poetico, profuma di legno e bresaola, è a misura d’uomo e sembra di fare un tuffo nella storia. Sentiamo radici Walser: qui, a partire dal 1200, si insedia in maniera permanente questa popolazione di origine germanica, giunta nell’alto Vallese già intorno all’VIII secolo. Residui tedeschi, anzi Titsch che è stata la loro parlata – imparentata naturalmente con Deutsch – ce ne sono ancora: dal ristorante, o meglio Stubu, in cui scelgo di pranzare, all’anziana signora che nella piazza del paese parla ancora un po’ di Titsch. Per non parlare della signora Lia, ma di lei parleremo in un secondo tempo.

IMG_20160602_122323Il luogo delle favole si chiama Z’MAKANÀ STUBU, ovvero la Stube di Macugnaga in lingua walser. E in effetti, se pensiamo a una stube, la pensiamo così: interamente rivestita in legno, con cuori intagliati nelle sedie, tendine scostate alle finestre, qualche piatto appeso come decorazione, tante bottiglie di vino, e cuscini per rendere più morbide le panche in legno. Ma Z’MAKANÀ STUBU, all’interno del Residence CIMA JAZZI, ha una marcia in più: qui ci sono Maria Cristina e suo marito Giorgio, lo chef, e mai come in questo caso ti rendi conti di quanto un ambiente vestito di persone così semplici e accoglienti conferisca al tutto quella marcia in più. Un angolo di fiaba. Il concetto di “stube” trova qui la massima esemplificazione: si ha davvero la sensazione di essere attorno alla stufa, a prenderci il calore del fuoco respirando il buono di ciò che la cucina sta per offrire. Il legno scalda, persone come Maria Cristina e Giorgio – che hanno in gestione il Residence Cima Jazzi dal 1999 – sono la prova concreta di quanto essere innamorati del proprio lavoro e della propria terra trasformi un pranzo in una esperienza, sensoriale ma prima ancora di vita.

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Z’Makanà Stubu è la locanda che si incontra nelle favole, dove si mangia da re. In attesa del primo piatto, mi viene servita una ricottina fresca con erbette di montagna che è già la fine del mondo. E dire che  il mondo, ovvero il pranzo vero e proprio, non è nemmeno ancora iniziato. Qui tutto è tipico, tutto a km O, tutto fedele alla stagionalità e alla freschezza.

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Piatti tradizionali walser non ce ne sono moltissimi, anzi, se vogliamo ce n’è solo uno, il più povero: la Zuppa di cipolle con pane di segale e toma della valle. Inizio proprio dalla zuppa: ha quel sapore inconfondibile di casa, di chiacchiere al caminetto, di antico. Un tempo era un piatto povero, mentre adesso la sinfonia che creano tutte le componenti insieme mi fa pensare di avere di fronte un grande piatto. E, non so perché, mi viene in mente il temibile critico culinario Ego del cartone “Ratatouille” quando mette in bocca un assaggio di quella famosa ratatouille e torna bambino. L’essenza di un piatto riuscito non è forse questa? Farcela, riuscirci, andare dritto al cuore. Non è forse un piccolo grande miracolo?

Accompagno il tutto con un Valli Ossolane Rosso Cà d’Matè delle cantine Garrone: a maggioranza Nebbiolo con Croatina e una piccola percentuale di Prünent, prende il nome dall’antica cantina in cui invecchia, e in 13.5% mi regala tannini elegantissimi, un’ottima struttura e una lunga persistenza ideale per questo pranzo antico e nuovo insieme. Procedo con uno Strudel di asparagi su crema di gorgonzola di Anzola: bei colori, sfizioso, croccante, qui il matrimonio con il vino è al suo grado massimo. Individui la bontà e la qualità di ogni singolo ingrediente. Lo chef Giorgio fa questo lavoro da 30 anni: si sente…

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La degustazione procede lenta, accompagnata dalla leggera pioggerellina esterna che impedisce di vedere tutte le montagne, Monte Rosa in primis. Perché qui, quando c’è il sole, dev’essere mozzafiato. Mi stupisco però: perché, pur detestando la pioggia e qualsiasi tempo “da lumache”, riesco a farmi inebriare dal fascino di questo posto: mi incanta, come se fosse un presepe agli albori, un presepe di novembre -anche se siamo a giugno- che si sta lentamente facendo bello per la festa. Mi appaga Macugnaga, e mi appaga tantissimo questa “Stufa-Stube” dove tutto ha un sorriso e un perché. Ecco che arriva il primo che avevo puntato dal mio arrivo: Paccheri con pesce di lago e torrente, prosciutto crudo della valle e castagne: paccheri al dente, prosciutto molto sapido e croccante, castagne leggermente caramellate. Giorgio non ne sbaglia una.

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Il vino sta per finire, ma ci regaliamo ancora un bel Tagliere di formaggi della valle: dalla toma più delicata all’erborinato più aggressivo, il tutto servito con miele e composte. Tortino al fondente, Cheesecake maison e Strudel “impacchettato”: come i tre moschettieri fanno centro e chiudono un pranzo che è prima di tutto una poesia della tradizione: come se mani in legno scrivessero fiabe mai scritte, leggende mai raccontate, al calore di un camino che non si spegne mai.

Per rendere meno amaro il caffè, Maria Cristina mi delizia con dei piccoli Tartufi al fondente, poi si siede accanto a me, iniziamo a parlare, lei si commuove, perché sta parlando della sua terra, delle sue radici, e lei è come uno dei tanti rami timidi e straordinari insieme che si diramano e fanno conoscere questi posti straordinari. Mi commuovo anche io: il cuore dell’uomo è davvero in grado di contenere ben più di quanto gli è dato di ricordare, e il cuore di questa coppia così piena di poesia è davvero una miniera di emozioni dolci e raffinate insieme.

Ci diamo appuntamento per il primo week end di luglio, quando il paese sarà in festa per San Bernando, tra artigiani, costumi e rievocazioni walser. Sento già quel richiamo incredibile della valle…

Saluto la Stube e mi dirigo verso Borca, una piccola frazione di Macugnaga dove la piccola signora Lia, fremente ed entusiasta, mi sta aspettando. Ma questa è un’altra bellissima storia…

[to be continued on
Macugnaga ha il cuore walser. In visita al Museo Casa Walser]

DOVE

Z’MAKANÀ STUBU – Via Monte Rosa, 28876 Macugnaga (VB). Telefono:0324 65207

http://www.residencecimajazzi.it/it_IT/home/il_ristorante

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4 thoughts on “Macugnaga ha il cuore walser. A pranzo dalla Z’MAKANÀ STUBU

  1. Le recensioni sono molto interessanti e curiose; le leggo sempre! Se devo fare un appunto é la mancanza di indicazione dei prezzi; è importante per una valutazione completa

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